Parigi, Maggio 2017.
Avevo da poco ricevuto in dono una Leica II del 1934, riscoprendo così la magia della pellicola. Colsi l’occasione per portarmela a Parigi durante uno stage di Sound Design curato dall’università. Decisi di calarmi nella parte della “fotografa da strada”, avvicinandomi ai soggetti, pensando mille volte prima di scattare, perché avrei potuto buttare via un fotogramma prezioso! Ma soprattutto rinunciando al colore o a certe foto a cui oggi siamo abituati. Mi munii di Kodak Tmax 400 e di esposimetro esterno, ma non durò molto: si fracassò sul pavè parigino e così dovetti ricorrere alla mitica “Sunny 16”.
Scelsi di applicare la stessa filosofia di scatto anche al cellulare e quindi di dedicarmi solo al bianco e nero, sfoderandolo solo se la macchina analogica non riusciva ad essere usata in alcune situazioni particolari. Mi sono aggirata per i vari Arrondissement, guardando la gente negli occhi, percependone la diffidenza, ma anche la voglia di ripartire dopo gli attentati dell’Isis; ho voluto raccontare una Parigi ferita, che nonostante tutto aveva ancora voglia di essere libera, come le bolle di sapone o di amare come i giovani sulle rive della Senna…
In quei pochi giorni scoprii un nuovo modo di fotografare con il telemetro e me ne innamorai perdutamente. Da allora la mia collezione di analogiche si è quintuplicata ed a tutt’oggi scatto con le mie amatissime M6 e Rolleiflex K7F.